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Giudizio Universale di Michelangelo

𝗖𝗼𝗺𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝗩𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝗗𝗼𝗺𝗲𝗻𝗶𝗰𝗮 20 𝗡𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗺𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗦𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗔𝗿𝘁𝗲

Siamo di fronte ad una storia di oltraggio: prima i capi del popolo (popolo che in questo momento non insulta Gesù, dimostrando di essere sempre nelle mani di chi vuol manipolarlo); poi i soldati, poi il ladrone con lui crocifisso. Una realtà che colpisce Gesù sempre più vicino, fino al suo fianco, fino al suo prossimo. Eppure in questo stesso Vangelo, nella parabola del Buon samaritano aveva suggerito agli interlocutori di stare attenti; occorre farsi prossimi ai fratelli per vivere la volontà del Signore. Lui che si era fatto prossimo ai lebbrosi, ai pubblicani e alle prostitute, che aveva accolto gli ultimi ed i rifiutati, adesso chi è a lui accanto lo insulta e lo deride. Solo l’altro condannato analizza la situazione con chiarezza, ammette la propria colpa e viene premiato con la promessa dell vita eterna, esattamente quella che Gesù aveva indicato come premio nella parabola che abbiamo citato.

Anche sulla croce l’uomo è chiamato alla sua responsabilità. Scegliere come vivere ogni singolo momento, guardando a se stesso e alle proprie azioni, oppure cercare la colpa della difficoltà presente negli altri, nelle contingenze, nella società. Tutto è sbagliato tranne me stesso. Il Signore invece non accusa nessuno, soltanto perdona. Non rimprovera il ladrone che lo accusa, soltanto accoglie chi ha avuto per lui una parola di comprensione. Non promette che sarà liberato dal dolore presente, ma dona la vita in Dio a chi semplicemente ha saputo analizzare, anche nell’ultimo istante di vita, con lucidità le proprie scelte.

𝗚𝗶𝘂𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼 𝘂𝗻𝗶𝘃𝗲𝗿𝘀𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝗠𝗶𝗰𝗵𝗲𝗹𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼


Questo è un dettaglio del Giudizio universale di Michelangelo; è inconfondibile la potenza fisica delle figure accompagnano il Cristo in quest’opera incomparabile. Anche lui accoglie, come Gesù il Buon ladrone tra coloro che potranno vivere in Paradiso, secondo la promessa dell’evangelista. In uno scontro tra beati e dannati Disma (così lo chiama il Vangelo apocrifo di Nicodemo) sta all’altezza di Gesù, porta come lui la sua croce, ma non più da solo: altri, possenti come lui, lo stanno aiutando ad entrare con lo strumento del suo supplizio, che è anche lo strumento della sua salvezza, nel regno dei cieli. Aver compreso le sue colpe, ed essersi accostato a chi gli stava vicino, gli permette di aver anche altri vicino a lui nella necessità. Nella chiesa del cielo non c’è più il singolo, ma la comunità di chiamati che vivono la stessa esperienza, compiono lo stesso percorso, aspirano alla stessa pienezza. Talvolta, anche solo all’ultimo momento.

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