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Uomini di Dio

Il film che vorrei recensire è Uomini di Dio, pellicola interessante in cui, a partire da studi giornalistici, tesi di laurea, inchieste e ricerche anche giudiziarie, prendendo spunto anche da tutto il materiale che noi possiamo trovare tranquillamente in rete, costruisce la storia degli ultimi tempi dei monaci dell’Atlas, dei sette monaci trappisti che sono stati uccisi nel 1997. Questi monaci hanno in un certo senso mostrato la loro volontà di aderire ad un progetto, che è quello che avevano inizialmente elaborato, senza curarsi di minacce e della difficoltà della prova che stavano per subire.

La storia è abbastanza semplice: c’è un monastero trappista a Thiribine, sul massiccio dell’atlante, massiccio montuoso tra Algeria e Marocco, durante la guerra per il fondamentalismo all’interno della Algeria. In presenza di un governo corrotto, i fondamentalisti intraprendono un boicottaggio della presenza straniera in Algeria stessa in particolar modo francese.

Coinvolti in questo tipo di itinerario mentale anche questi sette monaci, monaci descritti molto bene nel film, persone profondamente inserite all’interno di questa comunità; persone molto diverse (si va dall’intellettuale, all’idraulico, al contadino, al medico), ma che vivono profondamente inserite all’interno della comunità locale, con rapporti molto stretti con le persone di origine musulmana in cui vivono. Partecipano alle feste, alle loro decisioni, lavorano con loro anche la terra, il monaco anziano, padre Luc, medico, si trova di parlare di amore con una ragazzina musulmana, un adolescente.

Una vita per certi versi molto serena e tranquilla, una vita monacale di indubbio valore perché inserita all’interno di un contesto musulmano, ma che porta avanti tutte le caratteristiche dell’ora et labora benedettino, ma che invece si trova a scontrarsi con questa vicenda di guerra fondamentalista che li minaccia da vicino

Vengono uccise le persone di un cantiere limitrofo, terroristi li minacciano fin dentro il monastero; la protezione che offrono loro le autorità è una protezione che mira soprattutto non essere invischiati in atteggiamenti di ricatto, di rivalsa, disinteressata assolutamente al lavoro che loro stanno svolgendo in questo villaggio sperduto.

Una situazione quindi che diventa progressivamente sempre più complessa. Particolarmente interessante è la figura di Frere Christian, il responsabile del monastero che rifiutando la protezione offerta dalle autorità costituite dichiara semplicemente di voler vivere la sua missione e il suo orientamento senza nessun tipo di cambiamento rispetto a quello che prima si erano posti.

Ovviamente gli altri monaci sono più difficoltà in questa posizione. Alcuni hanno paura, sono indecisi se scappare o meno. Attraverso l’itinerario mentale, attraverso dialoghi, di considerazione di se stessi e del loro lavoro che frere Christian riesce a far compiere a tutti loro, alla fine tutti decidono di restare.

Va notato come questa presa di posizione viene scelta non per decidere di morire, ma al contrario con la volontà di vivere, e manifestando come la scelta che hanno fatto inizialmente sia una scelta che realizza la loro vita, la loro vocazione. La responsabilità della violenza che cade esclusivamente su chi la produce.

E’ veramente bello notare come in questo film si usi qualunque forma di linguaggio; si attinge a qualunque registro. Immagini che ricordano il Cristo Morto di Rembrandt, l’uso del paesaggio Esterno/interno che manifesta Frere Christian in modo particolare (attraverso la descrizione dell’ ambientazione esterna vediamo qual è il pensiero che lui vive dentro di sè sentendosi responsabile della scelta dei confratelli); la musica di Tchaikovsky. Abbiamo quindi una serie di linguaggi veramente interessanti che vengono utilizzati tutti per comporre questo quadro.

Un quadro di persone che danno la vita per amore. Si rimanda quindi alla vita di Gesù:  Gesù non ci salva con la sofferenza. La sofferenza è ciò che è un mondo ingiusto impone al figlio di Dio che vuole realizzare la sua missione di amore; un mondo che lo rifiuta uccidendolo portando alla morte il Figlio di Dio.

Questo è ciò che succede esattamente anche ai monaci dell’Atlas:  vengono uccisi e finiranno da “martiri” la loro vita.

E assolutamente interessante però vedere anche come finisce il film che termina con una soluzione di montaggio veramente ardita.

Si fa capire che sono morti, ma nella scena successiva si tornano a vedere vivi: è davvero la fine in cui loro scompaiono semplicemente nella nebbia. Questo per  indicare che il modo in cui sono morti è semplicemente la scomparsa. Non ci sono ancora idee chiare su come questo sia successo.

Il testamento spirituale di Frere Christian, che costituisce un sigillo a tutta la riflessione portata avanti nella pellicola, può costituire veramente anche una meditazioneinteressante per tutti.

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